A Maccarese possiamo dirlo: “chi nasce attaccato ad un fosso puzza sempre di freschino”
di Riccardo Di Giuseppe – Naturalista
Mi trovo a cena a Roma con amici: un bel ristorante, una tavola ben apparecchiata, bicchieri grandi e colorati, un unico difetto: “cameriere mi scusi, può portarmi un altro bicchiere? questo odora di freschino!”
A quel punto non solo il cameriere, ma tutti gli amici di Roma mi guardano con sguardo attonito!
Con gli occhi puntati addosso sento chiedermi insistentemente: “odore di cosa? di freschino? e cos’è?”
Diventato immediatamente tutto rosso ho pensato per un attimo di aver detto uno strafalcione; eppure quel modo di dire è stato per me fin da bambino così comune e con significato ben preciso.
Ricordo benissimo di quando sentivo dire almeno una volta a settimana da mia Nonna Italia l’espressione “sti biccer ga n’odor de freschin”.
Odore o puzza di freschino per me, e per la maggior parte delle persone di Maccarese, è quell’odore di uovo che le stoviglie e in particolar modo i bicchieri emanano se non lavate bene.
L’odore di cui sto parlando è quello che le uova lasciano su oggetti e recipienti con cui vengono a contatto, anche se freschissime. L’acqua, a volte, pur non avendolo in sé, trasferisce questo odore su bicchieri e stoviglie.
Tornato a casa inizio una ricerca e scopro che il termine “freschino”, così noto sul nostro territorio dove la maggior parte delle famiglie è di origine veneta, mette in crisi i parlanti quando cercano un corrispettivo nella lingua nazionale standard.
Cercando scopro che di questo se ne è occupata anche l’Accademia della Crusca.
Come “tradurre” senza ricorrere a tortuose perifrasi? Esiste o non esiste un corrispettivo preciso e univoco in italiano?
Possiamo dire, senza smentite, che un simile corrispettivo non esiste.
La difficile corrispondenza fra un termine dialettale e la lingua nazionale non deve destare stupore: questa non è un caso, anche quando si tratta di termini che un parlante nativo sente come “indispensabili”.
Uno dei pregiudizi più comuni sul dialetto è proprio quello di considerarlo un mezzo di comunicazione più povero della lingua nazionale, una sorta di “sottolingua” riservata alle situazioni comunicative informali.
Al contrario i dialetti, formatisi direttamente dal latino in parallelo con l’italiano, hanno, in settori specifici, una nomenclatura talvolta più specializzata della lingua nazionale.
Il dialetto è una lingua a sé, influenzato da fattori sociali e culturali, che le permettono di esprimere la realtà circostante attraverso parole che non sempre si sposano perfettamente con la lingua italiana comunemente parlata, ma che molto spesso hanno un sapore di storia e tradizione che altrimenti non avrebbero.
Bene, non avevo detto uno strafalcione! Anzi ora i miei amici di Roma usano la parola “odore di freschino” che è migliore e più calzante di “odore di uovo”.
Ancora una volta Nonna Italia aveva ragione, e ancora una volta mi rendo conto di come le tradizioni e i modi di dire che facciamo nostri perché fin da piccoli li abbiamo sentiti e risentiti dalle bocche dei nostri nonni, sono una ricchezza sociale e culturale che abbiamo il dovere di tramandare anche alle generazioni future.
Riccardo hai ragione il cameriere e’come il figlio del contadino che va a studiare in città quando torna voleva fare il fico e non riconosce e gli attrezzi che si usavano in campagna…faceva finta… Ma quando mise il piede sul rastrello e lo pisto’prese una gran botta in faccia col manico allora disse porca tria il rastrello…allora se lo ricordava…..non era più fico….